Sta emergendo – direi per fortuna – la percezione che i social così come li conosciamo stiamo perdendo colpi.
Fino a qualche mese fa pensavo di essere io colpevole di “cherry picking“, di indulgere nella lettura di riflessioni allineate ai miei pensieri, ma adesso sarei impietosa nei miei confronti se non ammettessi che si tratta di un vero e proprio trend.
Sempre più esperti del digitale vedono all’orizzonte un cambio di passo: i social network stanno scricchiolando, nonostante controllino ancora buona parte della stanca narrazione giornalistica e quindi prevalga l’immagine di mondo dorato in cui fare soldi con video da 30 secondi.
I dati dicono diversamente. Parlano di comportamenti di utilizzo che cambiano, di uso che diventa abuso (e che quindi è destinato a ridimensionarsi o a cambiare radicalmente), di scetticismo, di voglia di sottrarsi a quello che è diventato sempre di più un obbligo sociale, più che un’utilità o un piacere.
Si inizia anche a guardare più su larga scala anche i problemi – reali e gravissimi – che creano i social network, o, se si preferisce, il loro uso attuale: disagi psicologici crescenti soprattutto nei giovanissimi, ma la più generalizzata creazione in tutte le fasce d’età di vere e proprie dipendenze, distacco dalla realtà, polarizzazione, impossibilità di dibattito costruttivo.
Per una volta, forse una delle prime, si può incolpare uno strumento per il suo uso, perché per loro natura i social sono strumenti in grado di plasmare l’utilizzo che se ne fa.
Non è vero che “basta usarli bene”, i social sono fatti per favorire un uso dannoso. Con i loro algoritmi modificati di continuo, e che sono a tutti gli effetti parte dello strumento, privilegiano un uso che consenta alle aziende proprietarie di guadagnare di più, ancora senza etica, ancora senza criterio, ancora senza la sufficiente attenzione da parte di chi dovrebbe e potrebbe controllare.
Finalmente aumenta però la consapevolezza di quanto sta accadendo. Non si tratta di essere luddisti, ma di accorgersi dei rischi reali che ci circondano.
Ecco che si va allora alla ricerca di soluzioni alternative. Chi è più vecchio del mondo digitale (e io ci sono dentro attivamente dal 1983) auspica un ritorno dei siti collettori di contenuti – i blog per farla più facile – con i relativi feed RSS, e delle newsletter, che già negli ultimi tempi stanno riprendendo spazio.
Il ritorno dell’importanza del contenuto, col valore che porta con sé, e il raggiungimento dell’indipendenza dall’algoritmo. Finalmente ci si vuole affrancare da questo meccanismo che porta a un’omogeneità verso il nulla.
Qui il link a una lunga e piacevole lettura dove si possono trovare alcuni spunti di riflessione su questo e altri argomenti.