Spiace un po’ dire che l’avevo detto.
Al di fuori della narrazione unica che vede il PNRR come panacea di tutti i mali e, non in subordine, come effetto positivo dell’emergenza, inizia a materializzarsi la dura realtà: che utilizzare i soldi annunciati (non promessi, non ottenuti) sarà estremamente difficile, se non piuttosto impossibile.
Non servivano le capacità divinatorie del mai abbastanza compianto Polpo Paul per prevederlo, era sufficiente un briciolo di conoscenza delle dinamiche – per esempio – di progettazione europea.
Da decenni facciamo “tornare indietro” milioni di euro di finanziamenti comunitari per manifesta incapacità a richiederli, gestirli e, nella migliore delle ipotesi, rendicontarli. Perché questa volta avrebbe dovuto essere diverso? Forse per gli esperti che stanno per essere assunti dalla PA per occuparsene? Dubito che sia questa la soluzione, sono scettica in merito al numero e alla qualità di professionisti davvero competenti sul tema che avranno presentato la loro candidatura per un posto a tempo determinato di un anno, in posizioni in cui si sa fin da subito di non potere realmente influire nelle decisioni e nella programmazione.
Il PNRR temo non farà una fine diversa da tutti gli altri fondi europei, con però l’aggravante che ci lega per decenni e che, visto il livello della posta in gioco, se cadremo da qui ci faremo molto, ma molto, male.