Ho tanto amato LinkedIn.
L’ho usato per imparare cose nuove, per trovare spunti di approfondimento, per seguire aziende, professionisti ed ex colleghi, per trovare informazioni su potenziali collaborazioni, per far conoscere attività e fare benchmarking.
Ho anche trovato lavoro, su LinkedIn, e scusate se è poco.
Poi LinkedIn è cambiato.
I contenuti professionali hanno ceduto spazio ai giochini acchiappaclick.
Lo storytelling neomelodico e fintoempatico invade la timeline, come anche i contenuti dei content creator (sempre gli stessi quattro o cinque in Italia, che a banalità se la battono ad armi pari con Gramellini e Michele Serra) .
Gli altri utenti che non sono creator ma vorrebbero esserlo copincollano i contenuti dei creator pensando che il resto del mondo non se ne accorga.
I sondaggi sondano il nulla ma tirano interaction e quindi sono ovunque.
Le storie sono in evidenza ma non esistono (e a chi mai verrebbe voglia di fare o guardare storie su LinkedIn).
Assicuratori e bancari che ti chiedono il contatto, appena avuto mandano in privato una proposta di colloquio telefonico informativo “senza impegno” (evorreivedere) per approfondire l’ultimo ritrovato della scienza finanziaria.
I politici locali fanno showoff sul nuovo vaso di fiori nella piazza periferica spacciandolo per azione di alta sostenibilità ambientale.
I lumaconi lo scambiano con tinder e “Ciao, sei bellissima”.
Le offerte di lavoro reali sono il 5% di quelle visibili, le altre sono fake di portali che copiano i testi di vecchie ricerche per intercettare utenti e farli registrare sui loro siti.
Le notifiche che un tempo segnalavano interazioni con i propri post ora avvisano di “nuovi articoli che potrebbero interessarti”. E non interessano mai.
Ho 5.600 contatti. Buona parte Ict-related. Qualche settimana fa ho provato a postare un’opportunità di collaborazione potenzialmente interessante, lasciandola vaga per avere maggior spazio per lo scouting. In una settimana ho ricevuto 2 risposte, di cui una non attinente.
2. Due. D U E. Su 5.600 contatti.
Mi scazzo. Riprovo dopo una ventina di giorni. E stavolta funziona. Ricevo una buona dose di segnalazioni.
Ma la cosa strana è che alcuni mi scrivono in privato, con timidezza, “Mi permetto di segnalarti Tizio con cui lavoro molto bene da anni” (e gridalo pubblicamente, cavolo! C’è tanto bisogno di gente che lavora molto bene!), altri mi dicono che avevano già visto il post prima ma non credevano fosse una ricerca vera (what?), e in generale si percepisce quasi lo stupore nel vedere che LinkedIn possa essere usato per networking. Che, a pensarci bene, dovrebbe invece essere il motivo per cui è nato.
Mi spiace. Mi spiace perché LinkedIn era un porto sicuro. E ora invece è una zattera in balia agli algoritmi, lasciata in mezzo a un mare di poco o niente.
Io però non rinuncio. Non ancora. Ma mi dispiaccio, quello sì.
Nota: questa riflessione mi è stata ispirata dalla lettura di questo articolo