Riemergo. [long read]
Sensazioni intensissime e positive.
La Fiera sembra essere andata bene, le persone erano contente, i numeri (ma a quelli non a tutti credono) sono più che buoni. Le idee strane, che fino all’ultimo sembravano piccole o grandi follie, alla fine hanno funzionato. Ovviamente non tutto è andato alla perfezione, ma da quello si impara.
Organizzare una Fiera di 2 padiglioni in tre persone (più una quarta che ci ha raggiunto negli ultimi mesi) è un po’ come gareggiare nel nuoto sincronizzato: lo fai col sorriso ma cavoli che fatica! Ci sono reti di persone sempre pronte ad aiutarti: i colleghi di Fiera Milano, quelli di Ice Agenzia, e solo così alla fine ci si riesce, anche se fino all’ultimo sembrava impossibile.
La fine di Vitrum 2019 per me rappresenta anche qualcosa in più: la fine di un periodo lungo 27 anni: dal 14 ottobre inizierò infatti la mia sesta vita professionale, la prima fuori dai confini del Sistema Confindustria.
Sono stati 27 anni straordinari, fatti di relazioni, di regole, di problemi da risolvere. Di persone uniche e di sorrisi. Di parole ascoltate e dette. Di impegni presi e soddisfatti. Di amici, amici veri, amici che ti entrano nel cuore e ci rimangono nonostante i chilometri e le strade che si prendono. Di traslochi e di nuovi inizi. Di numeri di telefono da passare per creare contatti. Di rinunce a libertà che per chi non è di questo mondo hanno poco senso. Di cose scritte da te ma lette o firmate da altri, e che va bene così. Di lotte, di danze rituali e di celebrazioni. Di trame scritte di cui si conosce già la fine ma che bisogna comunque mettere in scena. Di solitudini che si cerca di sanare con la telefonata al collega, che in quel momento si trasforma in amico e psichiatra. Prima o poi toccherà a te fare lo stesso con lui, e lo farai con piacere. Di paure ingigantite o realmente giganti, perché questo nostro piccolo mondo alla fine sappiamo bene non essere davvero così piccolo, e a volte ci si rende conto di colpo dell’impatto che alcune nostre attività possono avere anche su altri. Di tempi che evolvono, e non sempre ti ci ritrovi, tu che sei qui da quando tutto era davvero, davvero diverso. Di chilometri, infinità di chilometri anche se nei confini nazionali. Di dialetti e accenti che riconosci al ciao. Di rispetto reciproco e di abbracci.
Ieri mattina ho compiuto un gesto per me usuale: chiudere la valigia alla fine di una trasferta. E’ un rito sempre uguale: si cerca di non spiegazzare troppo i completi da lavoro che dovranno probabilmente passare in un’altra valigia senza avere tempo di fare un salto in lavanderia.
Ieri no.
Ieri mi sono resa conto che potevo mettere dentro tutto alla rinfusa. Il grigio ha finito di essere una costante quotidiana.
Nella mia nuova avventura porto con me tutti quanti ho conosciuto in questi quasi tre decenni. Le reti di relazioni per me sono più di uno strumento di lavoro, per me, sono una componente straordinaria e imprescindibile della mia vita. Rimanere in contatto con chi si ha avuto la fortuna di conoscere e apprezzare in una qualche vita precedente è gioia pura.
Prima della mia festa di saluto di venerdì sera ho ricevuto una telefonata da Taormina che mi ha fatto commuovere. E un’altra dalla Francia, di un amico che non poteva essere presente ma si è ricordato e ha voluto salutarmi. Questi contatti, queste amicizie, sono un tesoro straordinario che custodirò per sempre con rispetto e amore.
E il grazie più grande devo dirlo alla persona che mi ha regalato il coraggio di osare, di uscire dalla mia comfort zone, di mettermi in dubbio, di inseguire i miei sogni, per quanto grandi e impossibili potessero sembrarmi.
Si inizia un capitolo nuovo, o forse è proprio un nuovo libro. Ne leggerò le pagine una alla volta, sapendo di poter assaporare con occhi nuovi qualcosa che entra nella mia vita alla soglia dei 50 anni, con una sempre più forte necessità di bellezza e di serenità, di restituire quello che si è ottenuto e di sorridere e far sorridere. Di continuare a imparare e di essere sempre curiosi.